Riace, terra di accoglienza

2012
Riace Terra di accoglienza
Ed I Ricci Gruppo Abele Torino
pag 117
per ordinazione http://www.gruppoabele.org/

Prefazione di Tonino Perna

Riace cambia volto. Nel tempo si ripopola i bambini tornano a correre per le strade, viene salvaguardata la scuola, vengono aperte nuove botteghe, riprende l'economia nel piccolo borgo. Anche la raccolta differenziata diventa il simbolo di un'amministrazione capace di buone pratiche. Tre asinelle utilizzate per la pulizia del paese portano una scritta: "abituate a spingere non a respingere"

 

Prefazione
La concreta utopia di Riace
di Tonino Perna

I meridionali in genere, e i calabresi in modo particolare, non sopportano quelli che vengono da fuori - giornalisti, scrittori, operatori TV - e denunciano i mali di questa terra, spesso criminalizzandola. Ma, per fortuna, c'è chi sa guardarla da un'altra angolazione e ne vede le luci e le ombre meglio di chiunque altro che ci vive da sempre. È vero, infatti, che lo sguardo "straniero" può, quando è scevro da pregiudizi, vedere quello che non vede più chi è immerso in una determinata realtà.
Leggendo il lavoro di Chiara Sasso è questa la prima immagine che mi è venuta in mente: lo sguardo esterno, lontano, che vede quello che gli altri, gli abitanti, non vedono. Uno sguardo esterno che riesce a cogliere l'insieme di una realtà complessa e conflittuale come quella della Locride. Uno sguardo che viene da lontano e che si piega a osservare i particolari, che si fa rapire da ciò che vede, che si emoziona, si coinvolge, ma poi si riprende e riconnette tutto in quella visione d'insieme, come l'Etna che ammiro ogni mattina, da lontano, dalla sponda calabrese dove abito.

Alle volte le storie si chiamano le une con le altre, come le persone che son vissute in epoche diverse creano fra loro un legame ideale, come c'è uno stretto rapporto tra l'ulivo e la vite nel Mediterraneo, anche se sono arrivati in tempi diversi. Così queste pagine richiamano altre pagine, scritte da un grande meridionalista, da un uomo che ha speso una vita per la Calabria Ultra: Umberto Zanotti Bianco. Anche lui piemontese, come Chiara Sasso, capace di combinare, in maniera mirabile, la prassi, l'impegno fattivo, con la dimensione teorica e con una scrittura pregna dei colori e dei profumi dell'Aspromonte. Ancora oggi leggere Tra la perduta gente, scritto nel 1928, fa venire i brividi. Un popolo abbandonato dallo Stato che si ricorda che esiste solo quando viene sfidato dal brigante o dal ribelle. Basta un'immagine per rendersi conto di questa realtà: Zanotti Bianco che sale a dorso di mulo verso Africo, nel cuore dell'Aspromonte e incontra un uomo a cui domanda: «Da quando avete il telegrafo?» e lui risponde: «Avimu a ringraziari a bon'anima i Musulino» (Umberto Zanotti Bianco, Tra la perduta gente, Mondadori, 1959).
Il brigante Musolino, figura leggendaria dell'Aspromonte, una sorta di Robin Hood per il popolo, un criminale spietato per alcuni storici, fu ricercato dai carabinieri con ogni mezzo, spesso terrorizzando la gente dei villaggi dove lui era passato. Ed è per avere collegamenti più veloci, come spiega l'africoto a Zanotti Bianco, che lo Stato ha portato i pali del telegrafo all'interno di questa zona della Calabria, non per venire incontro ai bisogni della popolazione. D'altra parte, la prima scuola di Africo è stata realizzata dall'Associazione per il Mezzogiorno, fondata da Zanotti Bianco, così come alla sua straordinaria azione si devono alcuni risultati concreti, alcune battaglie vinte contro leggi inique e predatorie. Perché l'inchiesta condotta da Zanotti Bianco e la pressione che lui fece negli anni Trenta sulla prefettura ed il genio civile portarono: ad un'attenuazione dell'odiosa legge sulle capre, una riduzione delle zone boschive vincolate, la sospensione della legge sui mulini.
Anche Chiara Sasso, venendo dalla Valle di Susa, non ci consegna solo una vibrante testimonianza, ma costruisce uno strumento di lotta e di coscientizzazione. La sua scrittura parla il linguaggio di chi non è venuto a fotografare la realtà, a farne oggetto di un'opera artistica o di un saggio, ma di chi vi è coinvolto in un progetto, in un processo di cambiamento positivo, di chi trasforma le proprie orecchie in antenne e sintonizza la propria anima sui canali, spesso disturbati e rumorosi, di queste popolazioni.

Ieri, come oggi. C'è un'Italia divisa e lacerata, violenta e razzista, e ce n'è un'altra che costruisce rete di solidarietà e di giustizia. I tempi sono cambiati, si viaggia in aereo, c'è il cellulare usato anche dai pastori, c'è la TV, ma questa parte della Calabria jonica è sempre più disperata, stretta tra la violenza della nuova borghesia mafiosa, le leggi ingiuste o inefficaci e il mercato capitalistico che l'ha resa marginale. Ma il ciclo di Calabria è anche azzurro e, alle volte, ti incanta con i suoi colori. E il mare ti può fare paura, ma ti può portare anche dei doni se li sai accogliere. Ed è questa Calabria, con le sue tinte estreme, col suo dolore e le sue speranze che emerge nel lavoro di Chiara Sasso.

La Calabria dell'accoglienza, della civiltà dell'ospitalità, della sacralità dello Straniero. Questo ci racconta la storia di Riace, di questi valori ci parla, valori che sono rimasti incisi, malgrado i grandi mutamenti tecnologici e sociali, nelle montagne che dividono in due questo piede di terra circondata dal mare.